Il perchè di una revisione profonda del CdS (Presentazione del CdS)
Anche per effetto della crisi pandemica e delle sue conseguenze socioeconomiche, gli strumenti e gli approcci dell’azione di politica economica e più in generale dell’intervento pubblico in economia sono cambiati radicalmente a livello internazionale, nazionale e locale. Semplificando brutalmente, tali cambiamenti sono ben schematizzati e immediatamente identificabili nell’analisi dei contenuti e dei principi ispiratori del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza: sostenibilità, economia globale, transizione ecologica e digitale, azioni di politica economica coordinate e sinergiche. Dal documento del PNRR, e da quelli ad esso funzionalmente correlati, emerge con chiarezza la necessità di un cambio di paradigma nel disegno delle politiche economiche e nelle modalità con le quali si possono e devono creare sinergie tra gli stakeholders.
Il perché del riferimento concettuale agli ecosistemi
Sotto questi profili, se negli anni precedenti, anche dal punto di vista del dibattito scientifico, si era data primaria rilevanza ora ad approcci basati su interventi settoriali, ora ad altri basati su interventi orizzontali, l’arrivo della situazione pandemica ha indotto una brusca accelerazione alla confluenza di tre macro–obiettivi prioritari – transizione ecologica, transizione digitale e sviluppo coordinato e sistemico – caratterizzati da strettissime interrelazioni e, quindi, perseguibili solo in modo sinergico. La visione della realtà socioeconomica come un groviglio inscindibile di nessi tra settori, infrastrutture, istituzioni e processi enfatizza l’ormai accertata inadeguatezza interpretativa di approcci che non adottino un’ottica sistemica, e di conseguenza la cogente necessità di formare figure professionali che nativamente abbiano la capacità di interpretare come ecosistemi i contesti nei quali si trovino ad operare.
A mero titolo di esempio, si fa rilevare che nel PNRR i riferimenti agli ecosistemi, nell’accezione qui in discussione, sono sistematici e pervasivi, al punto che si legge di: tecnologie digitali innovative come strumento di “sviluppo di un nuovo ecosistema di prodotti e servizi per la PA.”; un patrimonio unico italiano definito come “ecosistema naturale e culturale di valore inestimabile, che rappresenta un elemento distintivo dello sviluppo economico presente e futuro”; infrastrutture digitali funzionali ad un “ecosistema tecnologico efficace e sicuro”; investimenti funzionali allo “sviluppo di un ecosistema di imprese e startup”; “ecosistema del turismo italiano” ovvero “ecosistema degli operatori del settore”; “ecosistema di innovazione, con focus particolare sui settori della transizione verde (es. rinnovabili, mobilità sostenibile, efficienza energetica, economia circolare, trattamento rifiuti, batterie, etc.)”; “agroecosistema”; “ecosistema delle competenze digitali”.
La centralità e l’importanza dell’approccio di ecosistema è stata, come detto sopra, sottolineata con convinzione anche dagli stakeholders coinvolti nel processo che ha portato alla proposta di revisione dell’ordinamento didattico del CdS: non soltanto quelli rappresentati nel Comitato di Indirizzo, ma anche esponenti del mondo dell’innovazione e delle start-up (i quali hanno evidenziato come sia già in atto la ricerca di figure professionali ad hoc, come nel caso della manifestazione di interesse da parte dell’Agenzia di Coesione Territoriale finalizzata alla “candidatura di idee progettuali da ammettere ad una procedura negoziale finalizzata al finanziamento di interventi di riqualificazione e rifunzionalizzazione di siti per la creazione di ecosistemi dell’innovazione nel Mezzogiorno”).
Il perché dei due percorsi curriculari
A tutti i livelli (pubbliche amministrazioni, autorità di regolazione, centri di ricerca e studio, grandi imprese, PMI, start-up) gli ambiti nei quali le sfide della globalizzazione, della transizione ecologica e digitale sono più marcate saranno oggetto di una rapida metamorfosi ed espansione occupazionale, trainata dal PNRR e dalle ingenti risorse economiche connesse ai progetti con i quali ad esso si darà attuazione.
Due possibili profili professionali saranno fortemente ricercati:
Economisti votati alla dimensione istituzionale (pubbliche amministrazioni, autorità di tutela della concorrenza e di regolamentazione, enti locali, istituti di ricerca) o a contesti imprenditoriali di dimensioni tali da accogliere figure professionali con competenze di economista dello sviluppo (tipicamente le grandi imprese). Si tratta di figure professionali che conoscono i modelli di sviluppo a tutti i livelli territoriali e sono conseguentemente in grado di formulare policy e strategie d'impresa.
Da qui la necessità del PERCORSO in Finanza e sviluppo sostenibile
Economisti funzionali alla prospettiva di portare competenze e conoscenze “di ecosistema” utili nella piccola e media impresa, nelle start-up e nelle Pubbliche Amministrazioni, soprattutto nella misura in cui esse siano declinate su ambiti produttivi – come le industrie creative, culturali, del turismo e del made in Italy – largamente presenti anche nel territorio abruzzese. Si tratta di figure professionali che conoscono i processi di creazione del valore a livello micro e hanno competenze verticali e trasversali per gestire i processi di diffusione della conoscenza, dell'innovazione e di generazione di reti ecosistemiche.
Da qui la necessità del PERCORSO in Economia e management delle imprese
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